La sospensione del processo – Inquadramento

Gli eventi particolari del processo

Nel corso del processo civile si possono verificare degli “eventi particolari” che non consentono di pervenire, nell’immediato, alla prosecuzione/conclusione del processo stesso.

Questi eventi sono:

  • La sospensione del processo;
  • L’interruzione del processo;
  • L’estinzione del processo.

La sospensione per pendenza di un procedimento penale

È opportuno analizzare tale fattispecie in maniera indipendente rispetto alle altre.

Il punto di partenza da cui non si può prescindere è il principio di separazione ed indipendenza dei giudizi: la sospensione del processo civile in pendenza di un processo penale, quindi, deve considerarsi un’eccezione.

Nel 2015, con sentenza n. 4758, la Cassazione ha infatti precisato che “il giudizio civile può essere sospeso, in base a quanto dispongono l’art. 295 c.p.c., art. 654 c.p.p. e art. 211 disp. att. c.p.p., nell’ipotesi in cui alla commissione del reato oggetto dell’imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile, e sempre a condizione che la sentenza che sia per essere pronunciata nel processo penale possa esplicare nel caso concreto efficacia di giudicato nel processo civile”. È quindi evidente la limitazione dei casi di sospensione.

La sospensione

La sospensione del processo è disciplinata dagli articoli 295 e ss. c.p.c.. La prima ipotesi da analizzare è quella prevista proprio dall’articolo citato secondo il quale “Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa”.

La sospensione necessaria, quindi, è quella disposta dal Giudice in presenza di una controversia pregiudiziale rispetto a quella pendente, ovverosia una questione che deve essere decisa con efficacia di giudicato.

Il Giudice dovrà quindi disporre la sospensione della causa pregiudicata in attesa della soluzione del suo “antecedente logico-giuridico”.

La sospensione del processo interrompe i termini in corso: questi ricominceranno a decorrere dal giorno della nuova udienza fissata nel provvedimento di sospensione emesso dal Giudice.

È importante ricordare che nel periodo di sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento che, se compiuti, sono inefficaci (ad eccezione della possibilità, per il Giudice, di adottare provvedimenti urgenti).

È opportuno definire che dottrina e giurisprudenza si sono spesso scontrate nel tentativo di definire i limiti e l’applicazione della sospensione prevista dall’art.295 c.p.c. (la c.d. sospensione necessaria) e quella prevista dall’art.337 c.p.c. (la c.d. sospensione discrezionale).

L’art.337 c.p.c. recita “L’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione di essa, salve le disposizioni degli articoli 283, 373, 401 e 407.

Quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso, se tale sentenza è impugnata”.

Proprio a causa dei vari contrasti giurisprudenziali formatisi sul punto, nel 2012 intervenivano le Sezioni Unite sancendo che “fuori dei casi in cui sia espressamente disposto che un giudizio debba rimanere sospeso sino a che un altro da cui dipende sia definito con decisione passata in giudicato, intervenuta nel primo decisione in primo grado, il secondo di cui sia stata in quel grado ordinata la sospensione può essere ripreso dalla parte che vi abbia interesse entro il termine dal passaggio in giudicato della detta decisione stabilito dall’art. 297 c.p.c. Definito il primo giudizio senza che nel secondo la sospensione sia stata disposta o ripreso il secondo giudizio dopo che il primo sia stato definito, la sospensione del secondo può solo essere pronunziata sulla base dell’art. 337, co. 2, c.p.c., dal giudice che ritenga di non poggiarsi sull’autorità della decisione pronunziata nel primo giudizio”.

Le Sezioni Unite, quindi, sembrano essere orientate verso l’indirizzo per cui – se tra due procedimenti sussiste un “rapporto di pregiudizialità” e la questione pregiudicante veniva risolta con sentenza non passata in giudicato – è applicabile la sospensione ex art.337, co.2, c.p.c. e non, invece, ex art.295 c.p.c.

Ad esclusione, però dei casi in cui la sospensione sia prevista da una precisa disposizione di legge.

Una recente conferma dei principi relativi alla sospensione facoltativa del processo

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n.1415/2021, si è espressa in tema di sospensione facoltativa del processo ex art.337 c.p.c., confermandone i principi che verranno di seguito espressi.

In primo luogo la Corte evidenzia che il Giudice che provveda alla sospensione del processo a norma del citato articolo debba precisare le motivazioni alla base del mancato riconoscimento della prima sentenza che già interveniva sulla c.d. “questione pregiudicante”. 

Utilizzando le parole della Corte, è necessario che “il giudice del secondo giudizio motivi esplicitamente le ragioni per le quali non intende riconoscere l’autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, chiarendo perché non ne condivide il merito o le ragioni giustificatrici”.

Il secondo importante principio, espresso e confermato, dalla Corte mediante l’ordinanza in commento riguarda, invece, il caso specifico: il rapporto di pregiudizialità tra l’azione volta al rilascio di un immobile (domanda, nel caso specifico, azionata dal comodante) e l’azione volta al mero accertamento dell’usucapione relativo allo stesso immobile (domanda, nel caso specifico, azionata dal comodatario).

Anche in questo caso, utilizzando le parole della Corte, si conferma che non potrà individuarsi “un rapporto di pregiudizialità nell’ipotesi in cui il comodante abbia agito per ottenere il rilascio dell’immobile ed il comodatario abbia a sua volta promosso un giudizio tendente all’accertamento dell’acquisto a suo favore della proprietà dell’immobile per usucapione; non sussiste, infatti, la possibilità di conflitto di giudicati tra le eventuali sentenze di accoglimento delle rispettive domande, attesa che l’unica conseguenza, qualora si accerti la titolarità del bene in capo al comodatario è che – per effetto della seconda che accerti la titolarità del bene in capo al comodatario – il comodante sarà costretto a restituire l’immobile che quello aveva dovuto consegnargli in ottemperanza della prima sentenza

Avv. Giulia Invernizzi

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