La responsabilità medica. Il concorso di colpa del paziente 

Il concorso del fatto colposo del creditore

L’art.1227 c.c. stabilisce espressamente che “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”.

Come è noto il presupposto, la condizione necessaria per delineare un obbligo risarcitorio è la colpa del debitore/soggetto danneggiante nonché la sussistenza di un concreto nesso di causalità tra la condotta dell’agente e l’evento dannoso. 

È proprio in tema di nesso di causalità che si può parlare di concorso del fatto colposo del creditore: ciò accade quando un determinato comportamento del creditore/soggetto danneggiato ha contribuito alla causazione dell’evento lesivo.

In questo caso l’entità del risarcimento dovuto subirà una diminuzione proporzionata al grado di contribuzione del creditore al verificarsi dell’evento.

Chiaramente nel caso in cui tale condotta sia stata da sola sufficiente a determinare il danno, allora non vi sarà alcun presupposto al diritto al risarcimento.

Il principio espresso dall’art.1227 c.c., quindi, è che la responsabilità gravante sul debitore/danneggiante deve subire una riduzione (intesa come riduzione dell’entità del risarcimento) proporzionata al grado di colpa gravante sul creditore/danneggiato. 

Quanto più “scorretta” sarà stata la condotta del danneggiato, tanto meno risponderà il danneggiante. 

Se il danno è stato determinato da colpa e fatto esclusivi del danneggiato, allora solo lui ne sarà responsabile secondo il consolidato principio: quisquis ex culpa sua damnum sentit, non intelligitur damnum sentire.

È comunque importante precisare che sarà il Giudice a valutare i comportamenti e le condotte delle parti e a decidere il grado delle colpe e, conseguentemente, l’entità del risarcimento. 

Il paziente che concorre 

Anche nei casi relativi alla responsabilità medica accade di frequente che il comportamento negligente tenuto dal paziente determini o aggravi una determinata situazione clinica.

Un esempio è rappresentato dalla recente pronuncia del Tribunale di Perugia, Sez. I, Sentenza n. 654/2021 del 26/04/2021.

Il caso riguardava una paziente che, nel dicembre 2013, veniva ricoverata per sottoporsi ad intervento chirurgico per “intolleranza mezzi da sintesi del piede destro e sinistro”. Dopo l’intervento la paziente veniva dimessa e le veniva prescritto riposo assoluto per 30 giorni e, al bisogno, analgesici e antipiretici.

A causa di una forte sintomatologia comparsa nei giorni successivi all’intervento, veniva effettuato un esame doppler venoso e diagnosticata insufficienza funzionale agli arti inferiori, così la paziente veniva ricoverata e veniva riscontrata una “trombosi venosa femorale superficiale e poplitea sinistra” e “tromboflebite al III medio superiore” alla piccola safena destra. 

La paziente citava in giudizio la Struttura sanitaria ove era stato effettuato l’intervento e si costituiva in giudizio l’ortopedico: entrambi sostenevano la correttezza dell’esecuzione dell’intervento.

Si deve notare che il CTU osservava che: “può aver concorso nel determinismo dell’evento trombotico la mancata osservanza, da parte della paziente, del prescritto periodo di convalescenza, avendo la stessa – come emerge dal referto del P.S. del 16.12.2013 e dalle dichiarazioni rese in sede di CTU – ripreso l’attività lavorativa di estetista alla data del 9.12.2013 ..(..).. ..L’indicazione di un periodo di riposo di 30 giorni è pertanto da intendersi quale lasso temporale di progressivo recupero deambulatorio (compatibilmente con gli esiti della recente chirurgia ortopedica). La decisione della ricorrente di riprendere la sua attività lavorativa, caratterizzata dal mantenimento protratto della postura assisa, è del tutto arbitraria in quanto responsabile di un ristagno venoso ovvero dell’instaurarsi di una condizione circolatoria opposta a quella ottenibile qualora la pz si fosse dimostrata compliante alle indicazioni specialistiche contenute nella lettera di dimissione … Può dunque ritenersi che a determinare l’evento trombotico abbia contribuito anche la condotta non diligente della danneggiata ai fini della quantificazione del danno risarcibile ai sensi dell’art. 1227 c.c. …(..).. la condotta della paziente ha concorso alla causazione dell’evento in misura pari a 1/3.”

In conclusione, veniva accertata la responsabilità della Struttura sanitaria per imprudenza del medico chirurgo che effettuava l’intervento e prescriveva le indicazioni di dimissione, tuttavia l’entità del danno risarcibile veniva ridotto di 1/3 avuto considerazione del comportamento tenuto dalla paziente che ignorava la prescrizione relativa al periodo di riposo.

Avv. Giulia Invernizzi

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