La responsabilità contrattuale: il risarcimento da inadempimento di un contratto

La responsabilità contrattuale

L’art. 1218 c.c. dispone testualmente che “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il suo ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile“.

Da una prima lettura della norma emerge chiaramente che la responsabilità contrattuale consiste nella violazione di uno specifico dovere, proveniente da un preesistente vincolo obbligatorio (ad esempio derivante da un contratto) rimasto inadempiuto.

L’inadempimento contrattuale

L’inadempimento contrattuale si realizza quando una determinata prestazione non viene eseguita come previsto in considerazione del tempo, luogo e modalità pattuite tra le parti. 

L’inadempimento può essere:

  • Totale: la prestazione non viene eseguita;
  • Parziale: la prestazione viene eseguita, ma in modo diverso dall’obbligazione originaria.

Ancora, affinchè possa venire risarcito il danno da inadempimento il debitore non dovrà provare che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità per causa a lui “non imputabile”.

In relazione a questo concetto, quindi, l’inadempimento può essere:

  • Imputabile: quando sia evitabile ma il debitore non lo ha evitato e quando dipende da colpa in quanto il debitore non ha rispettato i criteri di diligenza previsti dall’art.1176 c.c.

Sul punto si rileva che, quando si adempie, la diligenza, prevista dall’art.1176, co. 1, c.c., può essere “del buon padre di famiglia”, ovverosia quella diligenza normale che un uomo medio utilizza per quel genere di prestazione. L’altro tipo di diligenza, prevista dall’art.1176, co.2 c.c., è una diligenza c.d. “qualificata”, quindi di grado maggiore rispetto alla precedente e che deve essere rapportata alla concreta attività esercitata. Ad esempio nell’attività professionale o imprenditoriale in cui è richiesto al professionista di adempiere alle proprie obbligazioni con una cura, un impegno certamente maggiore rispetto a quello che verrebbe richiesto all’uomo medio non specializzato in quella determinata attività.

  • Non imputabile: se l’impossibilità della prestazione non dipende da colpa del debitore e non poteva evitarsi. 

Nei contratti a prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie alle sue obbligazioni, l’altro può optare per chiedere al Giudice che obblighi il soggetto inadempiente ad adempiere, oppure chiedere che venga dichiarata la risoluzione del contratto, salvo il risarcimento del danno.

L’azione di esatto adempimento

Nel caso in cui il debitore si sia reso inadempiente (inadempimento totale o parziale) e che tale inadempimento possa qualificarsi come imputabile al debitore, allora il creditore – che ancora abbia interesse ad ottenere l’adempimento – potrà rivolgere tale domanda al Giudice competente.

Come anticipato, il creditore potrà agire in giudizio per chiedere al Giudice una pronuncia di condanna nei confronti del debitore che obblighi il medesimo all’adempimento dell’obbligazione originaria, nel caso – ovviamente – in cui tale adempimento sia ancora possibile.

Si precisa che, a differenza di quanto avviene quando viene formulata domanda di risoluzione, il creditore può “cambiare idea”: quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento e il creditore muta la sua volontà, allora potrà chiedere la risoluzione.

L’azione di risoluzione del contratto

Se il creditore – invece – non è più interessato al fatto che la prestazione venga eseguita e se l’inadempimento è “grave” (quindi non di scarsa importanza), potrà chiedere al Giudice una pronuncia che dichiari l’intervenuta risoluzione del contratto, vale a dire il suo scioglimento, privando il contratto della sua efficacia.

A differenza di quanto previsto per l’adempimento – come anticipato sopra – il creditore che promuove azione di risoluzione non potrà cambiare idea, non potrà formulare richiesta di adempimento.

L’azione di risarcimento del danno

L’azione di riconoscimento del danno è un’azione che non dipende né dalla domanda di adempimento né dalla domanda di risoluzione, e può essere sempre proposta.

Il presupposto della domanda di risarcimento del danno (consistente nell’inadempimento colpevole e causativo di un danno) è differente rispetto a quello della domanda di adempimento o di risoluzione, motivo per cui – anche nel caso di rigetto della domanda di adempimento o di risoluzione – ben potrà vedersi accolta quella di risarcimento del danno.

Ciò implica che – ad esempio – se la domanda di risoluzione del contratto viene respinta perché l’inadempimento non è grave, tale circostanza non comporta il rigetto automatico anche della domanda di risarcimento del danno, perché il suo presupposto è unicamente un inadempimento colpevole, anche se non grave.

Avv. Giulia Invernizzi

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