La prescrizione (quasi impossibile) dei reati tributari 

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Secondo l’art 157 Codice Penale “La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria”.

A ciò si aggiunga che il termine di prescrizione – decorrente, per il reato consumato, dal momento della consumazione dello stesso e, per il reato tentato, dal momento in cui è cessata l’attività del colpevole – oltre ad essere passibile di sospensione, si interrompe ad ogni atto significativo della volontà del Pubblico Ministero di coltivare l’azione penale, come ad esempio l’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali, l’ordinanza di convalida del fermo o dell’arresto, la richiesta di rinvio a giudizio o il decreto di citazione a giudizio, eccetera; con la precisazione che, in linea generale “in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere” (articolo 161 comma 2 Codice Penale).  

Ebbene, così inquadrati i principi generali che regolano il calcolo del termine di prescrizione del reato, preme evidenziare che, per quanto concerne i reati tributari, la novella introdotta dal decreto fiscale 124/2019, avendo inasprito il trattamento sanzionatorio di gran parte delle figure di reato previste e punite dal Decreto Legislativo 74/2000, ha di fatto provocato un aumento del massimo della pena edittale e quindi del termine di prescrizione dei reati fiscali.

Ma non è tutto, se si considera quanto disposto dall’art. 17 D. Lgs. 74/2000 che ricomprende, tra le cause di interruzione della prescrizione il verbale di constatazione e l’atto di accertamento delle relative violazioni; inoltre il Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla Legge 14 settembre 2011, n. 148 ha novellato la norma in commento prevedendo che “I termini di prescrizione per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del presente decreto – vale a dire  i reati di Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti,  Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, Dichiarazione infedele, Omessa dichiarazione, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e occultamento o distruzione di documenti contabili  –  sono elevati di un terzo”.

E dunque, per comprendere l’impatto del combinato disposto delle predette norme sulle sorti del termine di prescrizione dei reati tributari, giova fare un esempio; si pensi al reato previsto dall’art. 2 Decreto legislativo 274/2000, rubricato Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti: “È punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi”.

Ebbene, per calcolare il termine di prescrizione si partirà dalla pena massima edittale, vale a dire 8 anni, cui si dovrà aggiungere un terzo per quanto disposto dall’art 17 Decreto Legislativo 74/2000, arrivando così a 10 anni e 8 mesi, che – al verificarsi di un ordinario atto interruttivo di cui all’art 161 Codice Penale (ossia più un quarto) – diventeranno 13 anni e 4 mesi; lasso di tempo, questo, del tutto incompatibile con una declaratoria di intervenuta prescrizione!

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