La mediazione nelle controversie bancarie e finanziarie nelle crisi d’impresa

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Le discipline della mediazione (d.lgs. n. 28/2010) e quella del sovraindebitamento (legge n. 3/2012) sembrano appartenere a due mondi distinti. 

In realtà, le due normative hanno un importante punto di convergenza, soprattutto nell’ipotesi del contenzioso bancario e finanziario, in quanto entrambe riguardano i medesimi soggetti, vale a dire il creditore ed il debitore ed hanno lo scopo di risolvere eventuali conflitti di interessi tra questi ultimi. 

Mentre da un lato la mediazione concerne un singolo rapporto controverso tra la banca ed il cliente, relativo all’accertamento dell’esistenza ed alla quantificazione del credito ed alla condanna del debitore all’adempimento, le procedure disciplinate dalla legge n. 3/2012 hanno, invece, ad oggetto la complessiva situazione debitoria e la sua ristrutturazione. 

Un ulteriore punto di incontro è costituito dal fatto che nella maggior parte delle situazioni di sovraindebitamento vi è il coinvolgimento di creditori appartenenti al mondo bancario e finanziario. 

Differenti sono, invece, le modalità di accesso alla procedura di sovraindebitamento ed a quella di mediazione. Per quanto riguarda la prima, spetta al debitore l’iniziativa. I creditori, dovranno, quindi, passare attraverso il preventivo accertamento giudiziale di quest’ultimo (a meno che non dispongano di un titolo esecutivo non giudiziale rientrante tra quelli indicati dall’art. 474 c.p.c.) e la conseguente procedura esecutiva. 

L’accesso alla mediazione ha, invece, carattere obbligatorio in materia bancaria. Le controversie aventi per oggetto i contratti bancari o assicurativi sono soggette alla condizione di procedibilità della mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 oppure, in alternativa al procedimento disciplinato dall’art. 128 bis T.U.B.

È possibile che il debitore, prima che insorga una controversia con il proprio creditore, possa svolgere un’attività stragiudiziale di negoziazione con quest’ultimo. 

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il debitore è titolare di un patrimonio il cui ammontare non è in grado di coprire neppure la somma dovuta alla banca in linea capitale. Rispetto al problema della quantificazione dell’importo che il cliente deve restituire alla banca si pone, quindi, con maggiore urgenza il passaggio cruciale relativo alla ristrutturazione del debito. 

In presenza di una situazione di sovraindebitamento il debitore è portato ad intraprendere una strategia finalizzata a resistere alla domanda di adempimento del credito. Da tale situazione scaturisce un contenzioso per tre gradi di giudizio (oltre ad una successiva procedura di esecuzione forzata), protratto nel tempo, anche quando – anche a ritenere fondate le contestazioni in materia di usura, commissione di massimo scoperto ed altro – il debitore non dispone comunque delle risorse patrimoniali per poter restituire il capitale ricevuto in prestito. 

In un contesto simile la mediazione può svolgere un ruolo importante nella composizione delle reciproche pretese vantate dalle parti. 

Occorre tenere presente che la scelta di ricondurre l’accesso alle procedure disciplinate dalla legge n. 3/2012 alla sola iniziativa del debitore è un’opzione legislativa sicuramente frutto di una scelta di economia giudiziale finalizzata a non intasare i tribunali di procedure minori, al fine di non vanificare la scelta operata dalla riforma della legge fallimentare del 2005 con l’introduzione delle soglie di fallibilità. 

Sul piano della concretezza degli effetti applicativi, tuttavia, tale scelta costituisce uno dei fattori che non ha consentito la diffusione applicativa della disciplina del sovraindebitamento, in considerazione dell’elevato tasso di tecnicità della legge n. 3/2012 e del fatto che i soggetti che ne sono destinatari (soprattutto le persone fisiche) non hanno in via ordinaria contatti continuativi con professionisti che siano in grado di fornire un supporto tecnico – giuridico adeguato.

Una soluzione a questo problema potrebbe essere, pertanto, il passaggio obbligatorio della procedura di mediazione nell’ambito del contenzioso bancario, anche nella prospettiva di evidenziare al debitore, in tale sede, possibili scelte di tipo concorsuale, tali da consentire di affrontare l’intera esposizione debitoria ed al contempo rendere più appettibile al creditore l’accettazione di una soluzione transattiva. 

L’accostamento della procedura di mediazione con la scelta di ricorrere ad una delle procedure disciplinate dalla legge n. 3/2012 porta quindi a molteplici vantaggi. 

Il ricorso alla mediazione consente, 

1- ottenere l’immediata formazione di un titolo esecutivo, anche con la rinuncia ad una parte del debito dovuto da parte della banca, soprattutto in presenza di patrimoni incapienti a garantire la restituzione di quanto dovuto. 

2- l’esito positivo della mediazione permette di risparmiare tre gradi di giudizio ed una procedura di esecuzione forzata;

3- minori spese legali e nessun costo processuale

4- il collegamento tra mediazione e procedure ex legge n. 3/2012 consente ai creditori di poter ottenere, seppure alla luce delle limitate possibilità patrimoniali del debitore, la miglior realizzazione del diritto di credito nel minor tempo possibile. 

5- l’accesso alle procedure del sovraindebitamento consente di giungere all’esdebitazione, dando così una possibilità di ripartire alle persone in difficoltà, soprattutto in un contesto di crisi economica come quello attuale. 

Nella pratica la concreta possibilità di raggiungere simili soluzioni è particolarmente difficile a causa delle ferme e contrapposte prese di posizioni dei soggetti in conflitto. 

Un sistema così concepito è fatalmente destinato a generare un involuzione: in mancanza della ristrutturazione del debito e dell’esdebitazione non potranno ripartire i consumi, che costituiscono un fattore propulsivo determinante della ripresa economica. L’effetto sarà quello che anche chi svolge attività di impresa bancaria ne risentirà, in quanto dovrà muoversi con i crediti in sofferenza, così come chi esercita attività di impresa in genere. 

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