Il diritto reale di uso esclusivo su una porzione di cortile condominiale

regole condominio

Il diritto di uso

La categoria dei diritti reali raggruppa tutti i diritti su cosa materiale (iura in rem).

I diritti reali son considerati “tipici”, pertanto vengono elencati dalle norme codicistiche senza che vi sia la possibilità di prevederne altri.

Possiamo distinguere tra diritti reali in re propria – ovvero la proprietà – e diritti reali in re aliena, cioè diritti reali che gravano su beni di proprietà altrui.

I diritti reali su cosa altrui si distinguono, a loro volta, in:

  • diritti reali di godimento: superficie, enfiteusi, uso, usufrutto, abitazione e servitù;
  • diritti reali di garanzia: pegno e ipoteca.

La caratteristica dei diritti reali di godimento è quella di provocare una separazione tra la titolarità del bene, che resta in capo al concedente, e le facoltà che ne derivano, quali il godimento, l’utilizzazione e la gestione, che passano in capo al beneficiario.

Il diritto d’uso – previsto dall’art.1021 c.c. – consente al proprietario di un determinato bene di concedere ad un terzo soggetto, detto usuario, il diritto di servirsi e utilizzare il bene; se si tratta di un bene che produce frutti, questi possono essere raccolti dall’usuario, nel limite di quanto necessario per soddisfare i suoi bisogni e quelli della sua famiglia.

Il diritto d’uso comprende, sostanzialmente, due facoltà fondamentali:

  • l’utilizzo diretto della cosa, senza alcuna limitazione: l’usuario può trarre dal bene tutte le utilità di cui è suscettibile, anche per le proprie attività economiche ed industriali;
  • la percezione dei frutti, se la cosa è fruttifera, ma con determinate limitazioni: possono essere percepiti i frutti necessari alla soddisfazione dei bisogni propri e della propria famiglia, ossia a quelli destinati al consumo materiale e diretto. Sono, invece, esclusi dal godimento dell’usuario i frutti civili e quelli comunque consistenti in danaro, in quanto questo non è idoneo alla soddisfazione diretta, ma solo indiretta, di un bisogno, nonché i frutti naturali che superino la soglia del “consumo dell’usuario e della sua famiglia”.

Il cortile condominiale: disciplina generale

Sulla base di quanto previsto dall’art.1117 c.c., il cortile è quello spazio comune posto sul lato interno del fabbricato e avente la prima funzione di assicurare aria e luce alle unità immobiliari condominiali ivi prospicienti.

Nella nozione va ricompreso non solo lo spazio scoperto (ossia la superficie calpestabile), ma anche la colonna d’aria ad esso sovrastante e suscettibile di separata utilizzazione, mentre devono ritenersi distinti i muri maestri che lo contornano.

Vanno altresì ricompresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell’edificio, quali le aree verdi, le zone di rispetto, le intercapedini.

I condomini possono utilizzare liberamente il cortile condominiale ma, in mancanza di espresse disposizioni assembleari o regolamentari, saranno vietati quegli usi che limitano la pari possibilità – per gli altri condomini – di usufruire del bene comune, o, anche, tutti gli usi che si pongano come contrastanti con la natura del cortile.

Pur non essendo menzionati dall’art. 1117 c.c. tra le parti comuni, parte della dottrina e della giurisprudenza ritiene che i giardini possano essere equiparati ai cortili condominiali, avendo in più la caratteristica di contribuire alla valorizzazione del decoro architettonico dell’edificio, fornendo dunque un’ulteriore utilità a tutti i condomini.

Per quanto riguarda le spese di manutenzione del cortile condominiale, esse sono a carico dei condomini in proporzione ai millesimi di proprietà.

L’uso esclusivo di porzione del cortile condominiale

Questione molto dibattuta in dottrina e giurisprudenza è quella relativa all’apposizione, alla natura e ai limiti di un diritto d’uso esclusivo su beni comuni: questione questa esaminata di recente dalla Corte di Cassazione con ordinanza interlocutoria n. 31420/2019.

La Corte era chiamata a valutare la possibilità, o meno, di costituire un diritto d’uso esclusivo su beni comuni, ed eventualmente quali siano natura e limiti di tale diritto.

La Corte rammenta come già un proprio precedente, risalente al 2017, aveva escluso la riconducibilità al diritto d’uso di un vincolo reale di “uso esclusivo” su parti comuni dell’edificio: vincolo questo che precluderebbe l’uso collettivo attribuendo solo ad alcuni dei condomini la facoltà di servirsi della cosa, traendone tutte le utilità.

Muovendo dalle nozioni di uso individuale ed esclusivo previste dagli artt.1122 e 1126 c.c., la Corte ha ritenuto che simili previsioni pattizie, pur non precludendo totalmente la fruizione del bene da parte degli altri condomini, costituiscano delle deroghe all’art. 1102 c.c..

Ne consegue che l’eventuale uso esclusivo si trasmetterebbe anche ai successivi aventi causa: si conferirebbe, pertanto, al diritto d’uso esclusivo di parti condominiali il rango di diritto trasmissibile e non soggetto a limiti temporali, a contenuto non strettamente personale (ciò in quanto la facoltà di uso del bene non verrebbe conferita ad un soggetto ma ad una porzione in proprietà individuale).

La Corte concludeva “Deve riconoscersi in generale nella parte comune, anche se sottoposta ad uso esclusivo, il permanere della sua qualità – appunto – comune, derogandosi soltanto da parte dell’autonomia privata al disposto dell’articolo 1102 cod. civ., altrimenti applicabile anche al condominio, che consente ai partecipanti di fare uso della cosa comune secondo il loro diritto”.

Dietro al significato di uso esclusivo starebbe, quindi, la coesistenza, su parti comuni, di facoltà individuali dell’usuario e di facoltà degli altri partecipanti, gli ultimi – però – mai realmente del tutto esclusi dalla fruizione di una qualche utilità sul bene in questione.

In conclusione, seguendo quanto stabilito dalla Corte, è consentito che le parti convengano l’uso esclusivo “di una parte comune in favore di uno o più determinati condòmini”.

Avv. Giulia Invernizzi

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