Il concordato preventivo nell’ottica della continuità aziendale

Secondo l’art.186 bis dell’attuale Legge fallimentare, quando il piano di concordato di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e) prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, si applicano le disposizioni del presente articolo – vale a dire le norme del concordato in continuità. Il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa.

Più precisamente, il concordato in continuità prevede la prosecuzione dell’attività di impresa o da parte dello stesso debitore o attraverso la cessione o il conferimento dell’azienda in esercizio, in una o più società, anche di nuova costituzione.

La predetta norma, prevede:

  1. I contenuti del piano;
  2. la necessaria relazione di un professionista che attesti che la prosecuzione dell’attività è funzionale ad un miglior soddisfacimento dei creditori;
  3. la possibile previsione di una moratoria per il pagamento dei creditori muniti di un titolo di prelazione;
  4. la prosecuzione dei contratti pendenti.

Per quanto riguarda, invece, il concordato in continuità nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, a questa procedura concorsuale viene dato un ruolo centrale. Infatti, la possibilità della continuità viene indicata subito nell’introduzione del concordato all’art.84 CCII.

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza stabilisce che la continuità aziendale può essere di due tipologie:

a) diretta, in capo all’imprenditore che ha presentato la domanda di concordato;
b) indiretta, quando la gestione dell’impresa o la ripresa dell’attività sia affidata ad un soggetto diverso dal debitore, purché siano integrati i seguenti presupposti:

  • la gestione può avvenire mediante un contratto di cessione, usufrutto e affitto di azienda, stipulato anche anteriormente alla presentazione della domanda, purché in funzione della presentazione del ricorso;
  • la gestione può avvenire con un conferimento dell’azienda in una o più società, anche di nuova costituzione, o a qualunque altro titolo;
  • deve essere previsto dal contratto o dal titolo di mantenimento, la riassunzione di un numero di lavoratori pari ad almeno la metà della media di quelli in forza nei due esercizi antecedenti al deposito del ricorso, per un anno dall’omologazione.

Il Codice della Crisi d’Impresa statuisce, inoltre, che:

  1. il piano deve espressamente prevedere che l’attività di impresa sia funzionale ad assicurare il ripristino dell’equilibrio economico finanziario nell’interesse prioritario dei creditori dell’imprenditore e dei soci.
    Pertanto, il professionista incaricato, dovrà attestare un contenuto più ampio rispetto a quanto richiesto dall’attuale normativa (attualmente al professionista è richiesto di attestare che la prosecuzione dell’attività è funzionale ad un miglior soddisfacimento dei creditori).
  2. i creditori devono essere soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta.

Il nuovo codice, inoltre, stabilisce che il concordato può essere considerato con continuità aziendale quando, l’attivo concordatario disponibile a fronteggiare il fabbisogno finanziario sia prevalentemente riconducibile ai flussi derivanti dalla continuazione dell’attività di impresa. Si precisa che la prevalenza si considera sempre sussistente quando i ricavi attesi dalla continuità aziendale, per i primi due anni di attuazione del piano, derivano da un’attività di impresa alla quale sono addetti almeno la metà della media dei lavoratori in forza nei due esercizi antecedenti al momento del deposito del ricorso.

Infine, si evidenzia che l’art.86 CCII indica la possibilità di moratoria nel concordato in continuità, per il pagamento dei creditori muniti di pegno, privilegio e ipoteca. Tale moratoria può arrivare fino ai due anni dall’omologazione, a meno che non sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. I creditori coinvolti avranno il diritto al voto, nel limite della differenza fra il loro credito, maggiorato degli interessi di legge, e il valore attuale dei pagamenti previsti nel piano, alla data di presentazione della domanda, sulla base di un tasso di sconto pari alla metà del tasso di cui all’articolo 5 D.Lgs. 231/2002, in vigore nel semestre di presentazione della domanda di concordato preventivo. Sulla base di tale previsione, il creditore privilegiato vota per la parte del credito che, a causa della dilazione nel pagamento, subisce una svalutazione.

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