Gender tax

DONNE AL LAVORO: GENDER TAX, ASILI NIDO E CULTURA DI LUNGA PERIODO

Secondo i dati ISTAT sull’occupazione, dallo scorso dicembre 101 mila persone non hanno più un lavoro; di queste, 99mila sono donne.

La ragione di ciò sta nel fatto che prendersi cura dei bambini, degli anziani e della casa è ancora, principalmente, un dovere delle donne; non solo perché questo è il ruolo che la società, la cultura e la tradizione ha sempre affidato loro, ma anche perché spesso conviene: gli uomini infatti anche a parità di posizione guadagnano di più.

Secondo i dati del Global Gender Gap Report 2020 l’Italia è al 76esimo posto su 153 paesi analizzati per parità retributiva, e anche questa pare essere una delle cause che portano a una differenza di occupazione del 17,9%, stando ai dati forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nell’ultimo bilancio di genere.

In questo scenario l’emergenza coronavirus ha imposto tutte le restrizioni che hanno avuto un forte impatto sulla conciliazione vita lavoro proprio per le donne, a causa della chiusura delle scuole e della conseguente necessità di prendersi cura costantemente dei figli.

In questo contesto nasce la proposta di una gender tax formulata dell’economista Andrea Ichino, professore dell’European University Institute, il quale, consapevole che la distribuzione del carico di lavoro familiare risulta ancora nettamente squilibrata all’interno delle famiglie, ha elaborato, insieme ad Alberto Alesina della Harvard University, la possibilità di una tassazione differenziata per genere che preveda un’aliquota sul lavoro più favorevole per le donne.

Ciò al fine di rendere più conveniente per l’economia familiare il lavoro della donna, con conseguente più equa distribuzione dei carichi di cura.

Tuttavia la gender tax non è l’unica formula al vaglio degli esperti per contrastare la disoccupazione femminile

Si pensi ad esempio alla strategia proposta da Carlo Cottarelli, Direttore dell’Osservatorio conti pubblici italiani ed ex direttore del dipartimento Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale, il quale propone una strategia alternativa che permetterebbe di intervenire diminuendo la pressione fiscale sul  secondo coniuge che entra nel mondo del lavoro, che nella maggior parte dei casi è donna.

Il tutto accompagnato da un potenziamento delle misure di welfare, primi fra tutti gli asili nido.

Eppure, sullo sfondo di questa carrellata delle possibili strategie istituzionali salva-lavoro,  non può non ravvedersi la necessità di un cambiamento culturale che, lentamente, sta già avvenendo. Tra le misure più importanti i corsi di preparazione alla genitorialità che, sul lungo periodo e solo a patto di farli divenire obbligatori, avranno l’effetto di responsabilizzare finanche gli uomini alla cura della famiglia e della casa.

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