Avviamento commerciale una definizione

Che cos’è l’avviamento commerciale

L’avviamento commerciale è il valore intangibile di un’impresa che riflette la sua posizione sul mercato, la notorietà del brand, la rete di fornitori e clienti e la sua reputazione. È costituito dal maggior valore attribuibile al complesso aziendale rispetto alla somma dei valori di mercato dei beni che lo compongono. Il significato del termine è reso dalla traduzione in inglese di goodwill.

Il maggior valore relativo all’avviamento commerciale viene compreso tra i beni immateriali di un’impresa. Quello che permette ad un’attività produttiva di produrre profitto rientrano infatti delle caratteristiche non riconducibili alla mera somma algebrica dei fattori materiali che la compongono.

Abitualmente, l’istante in cui emerge il goodwill è all’interno di una cessione di azienda, dove può essere quantificato all’interno del prezzo della compravendita.

L’avviamento si può classificare in due tipologie:

  • avviamento commerciale oggettivo: insieme delle caratteristiche di fatto non modificabili con un cambiamento di proprietà come posizione, disponibilità di brevetti, macchinari;
  • avviamento commerciale soggettivo: relativo alle capacità dell’imprenditore di attirare e saper coltivare la clientela.

L’avviamento nel bilancio

L’avviamento può essere generato internamente, ovvero può essere acquisito a titolo oneroso, dovuto all’acquisto di un’azienda o ramo d’azienda. Ai fini contabili, l’avviamento rappresenta la parte di corrispettivo riconosciuta a titolo oneroso, non attribuibile ai singoli elementi patrimoniali acquisiti di un’azienda, ma piuttosto riconducibile al suo valore caratterizzante, che in generale può essere posto in relazione a motivazioni, quali: il miglioramento del posizionamento dell’impresa sul mercato, l’extra reddito generato da prodotti innovativi o di ampia richiesta, la creazione di valore attraverso sinergie produttive o commerciali.

L’avviamento è iscritto tra le immobilizzazioni immateriali (art. 2424 c.c.) se sono soddisfatte tutti i seguenti requisiti:

  • è acquisito a titolo oneroso (derivante dall’acquisizione di un’azienda o ramo d’azienda oppure da un’operazione di conferimento, di fusione o di scissione);
  • ha un valore quantificabile in quanto incluso nel corrispettivo pagato;
  • è costituito all’origine da oneri e costi ad utilità differita nel tempo, che garantiscono quindi benefici economici futuri.

Ai sensi dell’articolo 2426 del c.c., l’avviamento può essere iscritto in bilancio nel limite del costo sostenuto e debba essere ammortizzato per 5 anni in quote costanti.

La norma civilistica in tema di ammortamento insieme ai principi contabili nazionali, in particolare il numero 24, prevede che il periodo di ammortamento dell’avviamento non debba comunque superare i 10 anni.

Questo maggior periodo è ammesso solo se dall’analisi effettuata la vita utile dell’avviamento sia ritenuta certamente maggiore dei 5 anni previsti dal c.c..

Le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso (art. 103 co. 3 del TUIR).

Il processo di ammortamento dell’avviamento deve, quindi, esaurirsi in un periodo non inferiore a 18 esercizi, che corrisponde ad un’aliquota massima di ammortamento pari a 5,56%.

Tale misura di deducibilità è stata introdotta dalla L. 266/2005 e ha trovato applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 3.12.2005, anche con riferimento alle residue quote di ammortamento del costo sostenuto per l’avviamento in periodi d’imposta precedenti al 2005 e non ancora completamente ammortizzato.

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