L’autotutela

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COS’E’ L’AUTOTUTELA

Un rimedio contro l’errore del Fisco: si tratta della potestà riconosciuta in capo alla Pubblica Amministrazione di intervenire, sia d’ufficio che su istanza di parte, al fine di modificare od annullare provvedimenti precedentemente emessi, consentendo quindi alla stessa Amministrazione di correggere gli errori commessi, così da assolvere correttamente ai propri compiti istituzionali.

CHI PUÒ PROPORLA

L’autotutela tributaria può essere attivata

  • dal Contribuente destinatario dell’atto impositivo emesso dall’Amministrazione Finanziaria, senza alcuna distinzione di forma giuridica, pertanto persone fisiche, società di persone, società di capitali ed enti non commerciali;
  • direttamente dall’Ufficio che ha emesso l’atto, in caso di autoaccertamento, senza istanza di parte.

IN QUALI CASI È POSSIBILE ATTIVARLA

Gli atti sui quali gli uffici possono esercitare il potere di autotutela sono quelli espressamente elencati dall’art. 19, comma 1 D.Lgs 31.12.1992, n. 546, ossia gli atti accertativi, quelli esecutivi, i dinieghi o i mancati rimborsi contro i quali sarebbe stato ammissibile il ricorso del contribuente in commissione tributaria.

Per quanto concerne invece i vizi che il Contribuente potrà rilevare in sede di istanza di autotutela, questi sono quelli previsti dall’art. 2 comma 1 D.M. 11.2.1997, n. 37:

  • errore di persona;
  • evidente errore logico o di calcolo;
  • errore sul presupposto dell’imposta;
  • doppia imposizione;
  • mancata considerazione di pagamenti d’imposta, regolarmente eseguiti;
  • mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;
  • sussistenza di requisiti per usufruire di deduzioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
  • errore materiale del contribuente facilmente riconoscibile dall’amministrazione.

QUANDO SI PUO’ PRESENTARE

  • Il Contribuente potrà proporre istanza di riesame in autotutela dopo l’avvenuta ricezione di un atto impositivo emesso dal Fisco, senza che sia previsto alcun termine a scadenza, ma tenendo conto del fatto che la proposizione dell’istanza di autotutela non interrompe né sospende il termine di 60 giorni per proporre ricorso avverso l’atto.
  • In pendenza di giudizio, nel caso in cui il Contribuente abbia già proposto ricorso avverso l’atto impositivo ciò non gli preclude la possibilità di proporre istanza di autotutela avverso il medesimo atto.

L’istanza di riesame in autotutela non può essere richiesta solo se sulla fondatezza e legittimità dell’atto è già intervenuta una sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione Finanziaria.

Attenzione però, il giudicato in rito basato su ragioni processuali ovvero irricevibilità, difetto di giurisdizione, incompetenza, ed inammissibilità ad esempio, non limita l’autotutela. Pertanto, è necessario che il giudicato abbia per oggetto valutazioni di merito.

Anche qui però, va precisato che per l’esercizio dell’autotutela è possibile tenere conto di motivi di merito diversi da quelli presi in considerazione nella pronuncia della Commissione tributaria favorevoli all’erario ossia degli stessi motivi dedotti con il ricorso introduttivo ma non esaminati dalla Commissione stessa, giacchè il giudicato sulla decisione di rigetto non si traduce nella dichiarazione incontrovertibile di legittimità dell’atto impositivo. Ciò significa che, soltanto il giudicato di merito e solo per i motivi decisi con sentenza definitiva rappresenta un limite invalicabile all’esercizio dell’autotutela.

Ed allora, riassumendo, l’autotutela si potrà sempre proporre:

  • quando il giudicato è solo formale (ad esempio, la sentenza ha deciso soltanto sul rito: inammissibilità, improcedibilità, ecc.)
  • quando il giudicato è di merito ma parziale (la sentenza ha deciso su più punti, ma alcuni vengono impugnati), per le parti non ancora in giudicato;
  • quando se pur il giudicato di merito è totale, l’istanza di autotutela è relativa a motivi di illegittimità del tutto differenti da quelli oggetto della sentenza che, pertanto, sono stati esaminati e respinti dai giudici.

L’ISTANZA DI AUTOTUTELA PRESENTATA DAL CONTRIBUENTE: IL PROCEDIMENTO

Il Contribuente, eventualmente assistito da un legale, dovrà trasmettere all’Ufficio competente una semplice domanda in carta libera, contenente un’esposizione sintetica dei fatti, corredata dalla documentazione utile a comprovare le tesi sostenute, l’atto di cui si chiede l’annullamento e i motivi che fanno ritenere tale atto illegittimo e, di conseguenza, annullabile in tutto o in parte.

Se l’ufficio non risponde, il contribuente, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, c. 1, del DM n. 37/97, può rivolgersi alla competente Direzione Generale delle Entarte, che, se ritiene sussista una “grave inerzia” dell’Ufficio, può sostituirlo nel procedere all’annullamento dell’atto illegittimo.

L’Ufficio, ricevuta l’istanza, la esamina e può

  • annullare totalmente o parzialmente l’atto impositivo avverso cui è stata richiesta l’istanza di riesame, e con ciò annullare la pretesa fiscale ivi contenuta:
  • rigettare l’istanza di autotutela e con ciò confermare la legittimità e fondatezza dell’atto impositivo oggetto di riesame;
  • disporre un preventivo contraddittorio con il contribuente al fine di poter poi prendere una delle due predette decisioni.

In caso di accoglimento dell’istanza, l’annullamento dell’atto viene comunicato:

a) al contribuente;

b) all’organo giurisdizionale davanti al quale è eventualmente pendente il relativo contenzioso tributario

Perché “può”? Perché l’Amministrazione Finanziaria non è tenuta ad adottare un provvedimento in risposta all’istanza di autotutela presentata dal Contribuente, né tale silenzio è autonomamente impugnabile dinanzi al Giudice Tributario; ciò è quanto recentemente chiarito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 13 Luglio 2017, n. 181, che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale avanzate nei confronti degli articoli 2-quater, comma 1 Decreto Legge 564/1994, convertito con modificazioni dalla Legge 656/1994, “nella parte in cui non prevede né l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di adottare un provvedimento amministrativo espresso sull’istanza di autotutela proposta dal contribuente né l’impugnabilità – da parte di questi – del silenzio tacito su tale istanza”, e dell’art. 19 comma 1, Decreto Legislativo 546/1992, nella parte in cui non prevede l’impugnabilità, da parte del contribuente, del rifiuto tacito dell’Amministrazione finanziaria sull’istanza di autotutela proposta dal medesimo”, rispetto agli artt. 323245397 e 113 Cost.

L’autotutela tributaria costituisce infatti un potere esercitabile d’ufficio da parte delle Agenzie fiscali, sulla base di valutazioni largamente discrezionali, e non uno strumento di protezione del contribuente. Il privato può, naturalmente, sollecitarne l’esercizio, segnalando l’illegittimità degli atti impositivi, ma la segnalazione non trasforma il procedimento ufficioso e discrezionale in un procedimento ad istanza di parte da concludere con un provvedimento espresso.

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